IoT e VUI: quali le implicazioni sulla User Experience?
Le novità di rilievo da UXScotland 2017
Interfacce vocali, service design e interazione tra team: questi gli argomenti più gettonati a UX Scotland 2017. Cose parecchio diverse tra loro, quindi. O forse no… La convinzione che mi è sorta al termine della conferenza è che vi sia un filo conduttore tra questi argomenti; qualcosa di profondo e intrinseco, che li lega tra loro. Sono convinto che ci troviamo nel mezzo di un processo di diffusione della tecnologia, in cui una parte fondamentale dei paradigmi viene invertita.
Con l’avvento dei Personal Computer e di Internet soprattutto, una ventina di anni fa, le potenzialità di ciascun essere umano sono state notevolmente estese. All’epoca, per conoscere qualcosa era necessario trovare e consultare un’enciclopedia; chiedere a qualche amico saggio; chiamare qualche servizio a pagamento. Con l’avvento di Internet, di Altavista prima, e di Google poi, di Wikipedia, tutto ciò non è stato più necessario. Qualche click e tutta la conoscenza umana era (ed ancora è) a nostra disposizione. Non solo; abbiamo cominciato a fare acquisti, a giocare, a controllare lo stato delle nostre finanze; tutto online. Tutto sul PC. Nel bene, e nel male. Siamo stati di fatto costretti a trovarci di fronte ad esso per poter fare tutte queste cose.
Con l’arrivo degli Smartphone lo scenario è notevolmente cambiato: informazioni e servizi ci hanno seguito. Abbiamo potuto fare tutte queste cose attraverso un unico dispositivo, un piccolo display portatile. Di conseguenza, molta enfasi è stata data alla progettazione di questi dispositivi: dal punto di vista dell’hardware (con schermi sempre migliori e batterie sempre più durevoli), ma anche dal punto di vista del software. Delle interfacce, in particolare. La User Interface, così come avveniva per i personal computer, è stata il punto di contatto naturale, quello più evidente, tra l’utente e la tecnologia. Ed ecco che la User Experience e la User Interface sono state (e spesso ancora sono) confuse. La ricerca non si ferma, tuttavia.
Si diffondono Siri, Cortana, Alexa. Le interfacce vocali, insomma. Come ci fa notare Ben Sauer (in quello che è stato secondo me uno dei migliori talk della conferenza), non c’è più bisogno di un’interfaccia visuale. Jennifer Fraser e Lina Bonapace rafforzano ulteriormente il concetto quando introducono Internet of Things e raccontano di come l’enfasi si stia finalmente staccando dallo schermo, per spostarsi su quella che è la vera esperienza dell’utente; quella che questi ha con i servizi. Concetto richiamato in causa anche da Alberta Soranzo, che nel suo keynote pone enfasi sulla visione olistica di un sistema e del valore da questi fornito.
Finalmente, risulta dunque evidente che gli oggetti non sono altro che “avatar”, ovvero punti di contatto tra l’utente e un sistema. Emerge il concetto di service design; di qualcosa che va al di la della semplice interazione tra un utente e uno schermo. Jeroen van Geel al suo workshop parla di Customer Journey Mapping, uno strumento per analizzare il processo di interazione con un sistema anche prima e dopo il suo utilizzo; Jared Spool e Rachel Daniel raccontano di come aumentare la consapevolezza sull’esperienza utente in un team; su come gestire il rapporto tra ricercatori e designer UX, product manager e reparto sviluppo. Non parliamo più, quindi, solo di oggetti o applicazioni; o processi. Parliamo di sistemi. Sistemi complessi.
L’elettronica, l’informatica, la psicologia, il design (non solo digitale) diventano dunque elementi tutti imprescindibili per costruire un’esperienza utente che sia fluida, coerente, pratica. Diventa dunque imprescindibile anche la necessità di abbattere i Silos di conoscenza. Bisogna trovare il modo per facilitare la collaborazione tra figure con background diversi tra loro. Sono dunque contento di aver portato anche la nostra esperienza con un lightning talk sull’Event Storming (slide), una tecnica che – oltre a facilitare notevolmente l’esplorazione di un dominio – colloca sullo stesso piano figure con background diversi, facilitando l’individuazione e quindi il raggiungimento di obiettivi comuni.
Sono convinto che la strada intrapresa – a livello generale, ma anche nel nostro piccolo – sia quella giusta; che ci si stia finalmente rendendo conto che progettare un sistema non sia preoccuparsi di come e dove mettere bottoni, tabelle e label; ma piuttosto organizzare un’esperienza continua nel tempo e tra dispositivi, superando le difficoltà e sfruttando le potenzialità dei vari strumenti coinvolti.
Queste le mie riflessioni al termine di UX Scotland 2017, una delle conferenze di riferimento a livello mondiale sulla User Experience, a cui sono stato davvero contento di partecipare. Credo mi abbia lasciato spunti notevoli su cui continuare a riflettere e sviluppare idee e progetti. Il cambio di prospettiva su ciò che ci aspetta è secondo me notevole: abbiamo incognite e sfide affascinanti davanti a noi. Che ne pensi tu? Mi farebbe piacere conoscere la tua opinione!